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50 milioni di consulenze in meno di 5 anni, anche questo è il sistema De Luca – NTR24.TV

50 milioni di consulenze in meno di 5 anni, anche questo è il sistema De Luca – NTR24.TV


Nessuno può dirsi scandalizzato se dal 2020 al 2024 Regione Campania ha elargito circa 1500 contratti tra collaborazioni e consulenze a cui andrebbero aggiunti circa 4mila incarichi affidati a dipendenti di altri enti pubblici, per un totale di circa 50milioni di euro. Si tratta di numeri ballerini, perché i dati pubblicati online sul sito ufficiale di Regione Campania non consentono una lettura chiara e lineare, sono disordinati e confusi, a dispetto di quanto prescrive la normativa sulla trasparenza della pubblica amministrazione.

I colleghi di Napoli Today, che per primi hanno provato a fare chiarezza su quei numeri, hanno chiesto chiarimenti alla Regione ricevendo come risposta il silenzio, fatta salva una nota stampa postuma alla pubblicazione dei dati, con la quale Palazzo Santa Lucia non entra nel merito dei numeri ma si limita a sottolineare che l’assistenza tecnica rappresenta un sistema essenziale a livello europeo e nazionale per garantire la realizzazione dei programmi, a partire dai fondi di coesione. Insomma, la Regione ci ha fatto sapere che ogni incarico affidato in questi anni risponde alla norma e va dunque considerato pienamente legittimo. E ci mancherebbe, aggiungiamo noi.

Ad occhio e croce, comunque, i numeri sono quelli lì. 50 milioni di euro, milione in più milione in meno, nel giro di poco meno di cinque anni. Tra Pnrr, Fondi di coesione, piano di sviluppo rurale, piano per la politica della pesca e fondo europeo di sviluppo regionale.

Parliamo di centinaia o forse migliaia tra incarichi e consulenze. Fa rumore il caso di Assunta Tartaglione, ex segretaria provinciale del Pd di Napoli, deputata dal 2013 al 2018, ingaggiata direttamente dal governatore per studi e ricerche e in qualità di esperta giuslavorista per il Gabinetto del Presidente. 87mila euro a cui, a quanto pare, andrebbe aggiunto anche un altro incarico, non ancora saldato, di 45mila euro. Poi c’è chi ha incassato quasi un milione e mezzo di euro, come un geologo a cui sono stati affidati sei incarichi nel corso di questi anni, chi si è fermato sotto il milione, come un esperto agrario, e chi si è dovuto accontentare, per modo di dire, solo si poche centinaia di migliaia di euro.

Nessuno, sia chiaro, può mettere in discussione questi incarichi, certamente necessari e funzionali all’interesse della collettività. Vale per quelli più pesanti, vale per ognuno dei contratti elargiti per poche migliaia di euro, distribuiti a centinaia o forse a migliaia di persone, in buona parte professionisti, tecnici, avvocati, partite iva e studi professionali, professori e dipendenti di altri enti. Soldi che muovono altri soldi, che determinano lavoro. In una parola voti. Consenso.

Sarebbe divertente mettere in fila ognuno dei profili ingaggiati dalla Regione, ne verrebbe fuori una istantanea molto affidabile della geografia politica dei territori. Per quel che riguarda le aree interne, il Sannio e l’Irpinia, non avremmo grandi difficoltà a ricondurre ogni cognome dell’elenco ad una precisa consorteria politica e a valutare il peso di ogni incarico in termini di consenso, le ricadute di quell’incarico sul piano politico locale, ovvero le ragioni per le quali quella consulenza è stata affidata proprio a quel professionista, a quel tecnico, a quell’avvocato. Quando si dice il voto strutturato, il radicamento, la capacità di rappresentanza dei territori. Il trasformismo.
Nulla per cui indignarsi, come detto. Funziona così per la Regione come per il più piccolo dei comuni, per qualsiasi ente di gestione. È solo questione di proporzioni, di capacità di spesa. Fermo restando che i soldi ai comuni, come agli enti di gestione, arrivano innanzitutto dalla Regione. Un gioco vecchio come il mondo: il consigliere regionale risponde al governatore ma dipende dalla fedeltà dei suoi amministratori, dei suoi sindaci e dei suoi riferimenti sparsi sui territori. Che restano suoi fintanto che è in grado di offrire le dovute garanzie. Dunque il suo ruolo è quello dell’intermediario, organizza e alimenta le truppe sui territori e a quelle truppe garantisce copertura e prospettiva. Ovviamente quel che vale per i consiglieri regionali in carica valer per il sindaco che punta al salto di qualità, per il portatore di voti e di interesse che coltiva le sue ambizioni. Tutti intermediari. A volte intermediari di altri intermediari.

Che cos’è, d’altro canto, un sistema di potere? Come si alimenta il consenso se non attraverso il vil danaro, innanzitutto quello pubblico? E in che modo si può sfuggire a questo meccanismo laddove, come a queste latitudini, la leva pubblica continua a rappresentare la principale leva economica ed occupazionale? Le risorse pubbliche sono spesso le uniche risorse. E vanno elargite con precisione chirurgica e generosità francescana, sfruttando lo spazio che le norme concedono.

Un sistema di potere funziona e si rafforza se il cortocircuito clientelare non contempla illegalità, se viene alimentato attraverso procedure che restituiscono margini sufficienti alla discrezionalità, attraverso atti coerenti con quelle procedure, dunque inattaccabili e pienamente legittimi. Poi è chiaro, occorre talento e perseveranza per fare le cose perbene e De Luca, da questo punto di vista, le ha fatte benissimo. Ha saputo governare il sistema con la maestria che gli è propria e non è un caso se ognuno dei suoi colonnelli farebbe carte false per metterlo nelle condizioni di correre per il terzo mandato, se ognuno dei consiglieri regionali del Pd avrebbe fatto qualsiasi cosa per scongiurare il veto del Nazareno sulle ambizioni dello sceriffo.

Ma nulla è perduto, perché quel che vale per i papi vale pure per i governatori. Prima o poi passano ma il sistema resta. E a dirla tutta De Luca sopravvivrà comunque, anche nel caso in cui dovesse essere fermato dalla Consulta. Dettando le condizioni al Pd e al centrosinistra, mettendo in campo le sue liste. De Mita ha continuato a gestire il suo sistema per quasi quarant’anni senza nessun ruolo istituzionale. De Luca non è certo De Mita, ma disponendo dell’assessore regionale al bilancio ed eterodirigendo la maggioranza in Assise potrà comodamente continuare a dettare legge dalla sua Salerno, magari in fascia tricolore.





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