Io non riesco quasi a pensare ad altro, eppure ne ho di cose di cui occuparmi e preoccuparmi.
Ho appena visto questo video e mi sono venute di nuovo le lacrime agli occhi sentendo questa gente gridare il loro “Grazie” a “Diego”, ossia alla sua salma che si accinge ad attraversare il ponte da cui guardano la strada. Quel grido mi ha commosso, anche perché non si tratta di gente in cerca del suo quarto d’ora di celebrità accanto a una foto del campione, o che si fa riprendere mentre lo omaggia con un fiore, una bandiera, o depositando una candela davanti a un altare improvvisato. Questi non si vedono mente gridano forte il loro “Gracias Diego”, con tutta la forza e la disperazione che hanno in corpo, quasi in modo da far arrivare la loro voce anche nel regno dei morti.
Grazie di cosa? Grazie per aver offerto tanti momenti di gioia e di riscatto a un popolo che ha sofferto molto nella sua storia, grazie per averne difeso i colori e per non aver mai dimenticato i poveri, gli umili, gli oppressi, schierandosi spesso contro i potenti, del calcio e non solo del calcio.
A Maradona non piaceva “vincere facile”. Gli piaceva far vincere quelli che di solito erano e sono costretti a subire il potere, nel calcio e nella vita.
Non so quante stronzate ho letto e ascoltato da ieri sui social e in TV di gente che non capisce cosa sia stato veramente Maradona per gli argentini e per i napoletani. Cattiverie allucinanti, discorsi moralistici di bassissima lega sulla sua vita privata, intrisi di bieca retorica a buon mercato. Un percentuale minima, ma comunque rilevante. Una vita privata per la quale tanti hanno sofferto, ma che Maradona stesso ha subito come una condanna alla sofferenza interiore e fisica, dalla quale ha tentato più volte di affrancarsi, senza riuscirci mai veramente, come dice lui stesso nel bel film-intervista di Kusturica, verso la fine.
C’è gente che addirittura si lamenta dello spazio che la TV gli ha dedicato. Troppo, secondo loro. Non hanno veramente colto il senso dell’evento, anche dal punto di vista giornalistico, la portata enorme della fine terrena di un essere umano, sovrumano sul terreno di gioco, ma “troppo umano” fuori dal campo, uno che lascerà una traccia indelebile nella storia sportiva e socio-culturale del nostro tempo.
Come quella gente sul ponte, che grida “Grazie Diego”, anch’io vorrei gridare la stessa cosa, ma quasi me ne vergogno, stupidamente, e allora lo scrivo qui, dove so che chi legge capirà quello che provo: “Grazie Diego“.
https://youtu.be/KDVKgy4QYCM