L’onorevole Mara Carfagna da Salerno, appena eletta segretaria nazionale di Noi Moderati, potrebbe essere, a certe condizioni, la candidata ideale del centrodestra per la presidenza della Regione. Proviamo a capire perché.
1) Il centrodestra ha sprecato un enorme vantaggio competitivo. Avrebbe potuto e dovuto capitalizzare le divisioni interna al campo avverso, ovvero la spaccatura tra il governatore De Luca e il suo partito, per aprire con grande anticipo la campagna elettorale. Come spesso ci è capitato di sottolineare anche in questa sede le elezioni regionali si vincono più con le liste che con il candidato alla presidenza, si vince con il cosiddetto voto strutturato, saldando utilità marginali, interessi, pacchetti di voti, arruolando più soldati possibile. Per fare questo, però, è necessario garantire certezze ai territori, dunque è necessario individuare il candidato apicale perché sindaci, amministratori e riferimenti hanno bisogno di un interlocutore, di una opzione sulla quale investire. I difficili equilibri interni alla maggioranza di governo hanno impedito al centrodestra di procedere in tal senso e quel vantaggio competitivo è stato completamente sacrificato sull’altare dei tatticismi, mentre sui territori sindaci ed amministratori hanno continuato ad attendere segnali, soffocati da un sistema di potere regionale che non lascia spazio al dissenso.
2) Pochi giorni fa è stato pubblicato dal Corriere del Mezzogiorno un sondaggio elaborato da You -trend, il primo e finora unico sondaggio sulle sulle regionali in Campania pubblicato fino ad oggi, secondo cui in una partita secca il centrosinistra composto da Pd, 5Stelle e Avs, il cosiddetto campo largo senza Italia Viva e Azione, vincerebbe a mani basse con il 56,6% dei consensi.Più di venti punti sul centrodestra che si fermerebbe al 35,6%. Altri, tra cui i partiti di centro si fermerebbero sotto l’8 %, ovvero al 7,8. Cambierebbero gli equilibri, ma non il risultato, in una partita a tre, con un blocco civico di ispirazione deluchiana, ma senza De Luca in campo, che otterrebbe addirittura il 21% dei consensi. Questo terzo polo deluchiano eroderebbe consensi in primo luogo al centrosinistra, che perderebbe oltre dodici punti scendendo al 43,2%, ma anche al centrodestra, che perderebbe oltre 6 punti fermandosi al43,2. Gli altri, compresi i centristi di Italia Viva e Azione, non andrebbero oltre il 4,9%. Facile considerare che qualora il governatore uscente dovesse sopravvivere al 9 aprile, ovvero alla pronunzia della Consulta sul terzo mandato, e decidere di correre in solitaria con una sua coalizione, quel 21% sarebbe destinato inevitabilmente a crescere. Sottraendo ulteriori quote di consenso ad entrambe le coalizioni principali, ma soprattutto al centrosinistra.
3) Ovviamente parliamo di numeri che vanno presi con le pinze, di un sondaggio che non può tenere conto del peso delle liste civiche, elaborato in una fase molto distante dall’orizzonte elettorale, in assenza di coalizioni definite e dei candidati alla presidenza. Tuttavia questi numeri ci dicono che il centrosinistra è ancora egemone, che Pd e 5Stelle insieme superano agilmente il 40 per cento dei consensi mentre Fratelli d’Italia supera appena i venti punti percentuale, Forza Italia si ferma poco sotto l’11 e la Lega si ferma al 6,5. Dunque se il centrosinistra dovesse arrivare ai nastri di partenza unito, allargato alle forze centriste e alle liste deluchiane, appare scontata una vittoria schiacciante. Anche a prescindere dal profilo dei candidati alla presidenza. Ma se invece De Luca dovesse sopravvivere alla Consulta si ricandiderebbe a capo di una sua coalizione e a quel punto la partita cambierebbe. Pur escludendo una spaccatura nel centrosinistra, sul presupposto che nessun partito della coalizione, centristi compresi, sarebbe disponibili a mettere in discussione l’accordo unitario in tutte le regioni chiamate al voto, De Luca riuscirebbe comunque ad allargare, andando oltre le sue due liste, arruolando essenzialmente riferimenti e portatori di voti in cerca di una chance, gli scontenti pronti a tentare il grande salto.
4) Con De Luca in campo, dunque, il centrodestra sarebbe nelle condizioni di tentare il colpaccio, investendo, paradossalmente, proprio sulla forza del governatore. Certo, occorrerebbero liste adeguate, che andrebbero costruite recuperando sui territori capacità di rappresentanza sulla suggestione della vittoria possibile, occorrerebbe, soprattutto, una candidatura apicale forte, popolare, capace di trainare ed allargare, di andare oltre il perimetro dei partiti.
5) Nessuno dei profili dati per papabili in questa fase è in linea con questa prospettiva. Il Ministro degli Esteri MatteoPiantedosi, che fino ad oggi ha sempre escluso la possibilità di una sua candidatura per Santa Lucia, non sarebbe sacrificabile in una contesa tanto complicata. Stesso discorso per il presidente di Confindustria Napoli Costanzo Jannotti Pecci, che non avrebbe alcun interesse a lanciarsi nell’agone elettorale con ottime possibilità di perdere. Resterebbero Edmondo Cirielli e Giampiero Zinzi, il primo vice ministro degli esteri e uomo di punta di Fratelli d’Italia, il secondo deputato e coordinatore regionale della Lega. Uomini di parte, del tutto inadeguati ad allargare.
6) Ecco, dunque, che il profilo giusto potrebbe essere quello dell’onorevole Carfagna. L’ex Ministra per il Mezzogiorno del governo Draghi risponde perfettamente al profilo descritto, gode di una indiscussa popolarità, buca lo schermo, ha dimostrato equilibrio, competenza, cultura delle istituzioni, è senza ombra di dubbio uno dei pochi riferimenti del centrodestra, non solo campano, capace di parlare anche a mondi estranei al perimetro della coalizione. Anche in ragione della decisione assunta alla vigilia delle ultime politiche quando in dissenso rispetto alla svolta sovranista del centrodestra aderì ad Azione. Dopo pochi mesi fece marcia indietro scegliendo Noi Moderati di cui, come detto, oggi è segretaria nazionale. Quell’errore, pagato a caro prezzo, le restituisce, quasi per paradosso, un valore aggiunto. È a capo di un partito leggero, l’ultima ruota del carro del centrodestra e proprio per questo potrebbe rappresentare la candidata ideale per una contesa difficile, ai limiti dell’impossibile, come quella che si prospetta in Campania. Per perdere, perché la sconfitta non ricadrebbe su nessuno dei tre partiti principali della coalizione, né sulle spalle di Giorgia Meloni, né su quelle di Antonio Tajani e di Matteo Salvini. Ma sarebbe anche la candidata ideale per tentare, in una partita a tre con De Luca in campo, una vittoria storica. Perché vincerebbero tutti, vincerebbe la coalizione e dunque il governo, un po’ come accadde con Stefano Caldoro nel 2010 seppur in un contesto completamente diverso. Allora il socialista Caldoro fu individuato come punto di sintesi di una coalizione destinata a vincere, oggi la segretaria della scialuppa moderata di Maurizio Lupi sarebbe la sintesi perfetta per una missione non proprio impossibile ma certamente improbabile.